La regola di S. Chiara

03.02.2012 16:36

BOLLA DI PAPA INNOCENZO IV

 

 

2744      1Innocenzo vescovo, servo dei servi di Dio. 2Alle dilette figlie in Cristo Chiara abbadessa e alle altre sorelle del monastero di San Damiano d’Assisi, salute e apostolica benedizione.

2745      3La Sede Apostolica suole acconsentire ai pii voti e benevolmente favorire gli onesti desideri di coloro che chiedono. 4Ora, da parte vostra ci è stato umilmente richiesto che ci prendessimo cura di confermare con la nostra autorità apostolica 5la forma di vita, secondo la quale dovete vivere comunitariamente in unità di spiriti e con voto di altissima povertà (cfr 2Cor 8,2), 6che vi fu data dal beato Francesco e fu da voi spontaneamente accettata, 7quella che il venerabile nostro fratello vescovo di Ostia e Velletri ritenne bene che fosse approvata, come è ampiamente contenuto nella lettera scritta a proposito dallo stesso vescovo.

2746      8Noi pertanto, ben disposti ad accogliere la vostra supplica, ratificando di buon grado quanto sopra ciò è stato fatto dal medesimo vescovo, lo confermiamo col potere apostolico e l’avvaloriamo con l’autorità del presente scritto, 9nel quale facciamo inserire parola per parola il testo della stessa lettera, che è questo:

2747      10Rinaldo, per misericordia di Dio vescovo di Ostia e Velletri, alla sua carissima in Cristo madre e figlia Donna Chiara, abbadessa di San Damiano in Assisi, 11e alle sorelle di lei, presenti e future, salute e paterna benedizione.

2748      12Poiché voi, figlie dilette in Cristo, avete disprezzato le vanità e i piaceri del mondo 13e seguendo le orme (cfr 1Pt 2,21) dello stesso Cristo e della sua santissima Madre, avete scelto di abitare rinchiuse e di dedicarvi al Signore in povertà somma per potere con animo libero servire a Lui, 14noi, encomiando nel Signore il vostro santo proposito, di buon grado vogliamo con affetto paterno accordare benevolo favore ai vostri voti e ai vostri santi desideri.

2749      15Per questo, accondiscendendo alle vostre pie suppliche, con l’autorità del signor Papa e nostra, confermiamo in perpetuo per voi tutte e per quelle che vi succederanno nel vostro monastero e con l’appoggio della presente lettera avvaloriamo 16la forma di vita e il modo di santa unità e di altissima povertà (2Cor 8,2), che il beato padre vostro Francesco vi consegnò a voce e in scritto da osservare e che è qui riprodotta. 17Ed è questa:

 

I

NEL NOME DEL SIGNORE

INCOMINCIA LA FORMA DI VITA

DELLE SORELLE POVERE

 

2750      1La Forma di vita dell’Ordine delle Sorelle Povere, istituita dal beato Francesco, è questa:  2Osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo, vivendo in obbedienza, senza nulla di proprio e in castità.

2751      3Chiara, indegna serva di Cristo e pianticella del beatissimo padre Francesco, promette obbedienza e riverenza al signor papa Innocenzo e ai suoi successori, canonicamente eletti e alla Chiesa Romana.

2752      4E, come al principio della sua conversione, insieme alle sue sorelle, promise obbedienza al beato Francesco, così promette di mantenerla inviolabilmente ai suoi successori.

2753      5Le altre sorelle siano tenute ad obbedire sempre ai successori del beato Francesco e a sorella Chiara e alle altre abbadesse, che le succederanno mediante elezione canonica.

 

 

II

DI COLORO CHE VOGLIONO ABBRACCIARE QUESTA VITA

E COME DEVONO ESSERE RICEVUTE

 

2754      1Quando qualcuna, per divina ispirazione, verrà a noi con la determinazione di abbracciare questa vita, l’abbadessa sia tenuta a chiedere il consenso di tutte le sorelle, 2e se la maggioranza acconsentirà, la possa accettare, dopo aver ottenuto licenza dal signor cardinale nostro protettore.

2755      3Se le sembra idonea ad essere accettata, la esamini con diligenza, o la faccia esaminare intorno alla fede cattolica e ai sacramenti della Chiesa.

2756      4E se crede tutte queste cose ed è risoluta a confessarle fedelmente e ad osservarle con fermezza sino alla fine; 5e non ha marito, o se l’ha, ha già abbracciato la vita religiosa con l’autorità del vescovo diocesano ed ha già fatto voto di continenza; 6e se, inoltre, non è impedita dall’osservare questa vita da età avanzata o da qualche infermità o deficienza mentale, 7le si esponga diligentemente il tenore della nostra vita.

2757      8E se sarà idonea, le si dica la parola del santo Vangelo: che vada e venda (cfr Mt 19,21) tutte le sue sostanze e procuri di distribuirle ai poveri. 9Se ciò non potesse fare, basta ad essa la buona volontà.

2758      10Si guardino però l’abbadessa e le sue sorelle dal preoccuparsi per le cose temporali di lei, affinché ne disponga liberamente, come le verrà ispirato dal Signore. 11Se tuttavia domandasse consiglio, la indirizzino a persone prudenti e timorate di Dio (cfr At 13,16), col consiglio delle quali vengano distribuiti i suoi beni.

2759      12 Poi tosati i capelli in tondo e deposto l’abito secolare, le conceda tre tonache e il mantello. 13 Da quel momento non le è più lecito uscire fuori di monastero, senza un utile, ragionevole, manifesto e approvato motivo.

2760      14 Finito poi l’anno della prova, sia ricevuta all’obbedienza, promettendo d’osservare sempre la vita e la forma della nostra povertà. 15 Non si conceda a nessuna il velo durante il tempo della prova.

2761      16 Le sorelle possono avere anche le mantellette per comodità e convenienza del servizio e del lavoro. 17 L’abbadessa poi le provveda di vestimenti con discrezione, secondo la qualità delle persone, i luoghi e i tempi e i paesi freddi, conforme vedrà essere richiesto dalla necessità.

2762      18 Le giovanette, accolte in monastero prima della legittima età, siano tosate in tondo 19 e, deposto l’abito secolare, indossino un abito da religiosa, come parrà all’abbadessa. 20 Raggiunta poi l’età legittima, vestite alla maniera delle altre, facciano la loro professione.

2763      21 Ad esse, come alle altre novizie, l’abbadessa assegni con sollecitudine una maestra tra le più assennate del monastero, 22 la quale le istruisca con cura intorno al modo di vivere santamente da religiose e alle oneste costumanze secondo la forma della nostra professione. 23 Le medesime norme si osservino nell’esame e nell’accettazione delle sorelle che presteranno il loro servizio fuori del monastero; esse però potranno usare calzature

2764      24 Non si ammetta nessuna a dimorare con noi in monastero se non sia stata ricevuta secondo la forma della nostra professione.

2765      25 E per amore del santissimo Bambino, ravvolto in poveri pannicelli e adagiato nel presepio (cfr Lc 2,7.) e della sua santissima Madre, ammonisco, prego caldamente ed esorto le mie sorelle a vestire sempre indumenti vili.

 

 

III

DELL’ UFFICIO DIVINO E DEL DIGIUNO.

DELLA CONFESSIONE E COMUNIONE

 

2766      1 Le sorelle che sanno leggere celebrino l’ufficio divino secondo la consuetudine dei frati minori e perciò potranno avere i breviari, leggendo senza canto. 2 Se qualcuna, per un motivo ragionevole, a volte non potesse recitare leggendo le sue Ore, le sia lecito dire i Pater noster, come le altre sorelle.

2767      3 Quelle invece che non sanno leggere, dicano ventiquattro Pater noster per il Mattutino, cinque per le Lodi; 4 per prima, terza, sesta e nona, per ciascuna di queste Ore, sette; per il Vespro dodici; per Compieta sette. 5 Inoltre dicano ancora per i defunti sette Pater noster con il Requiem per il Vespro e dodici per il Mattutino, 6 quando le sorelle che sanno leggere sono tenute a recitare l’Ufficio dei morti. 7 Alla morte poi di una sorella del nostro monastero, dicano cinquanta Pater noster.

2768      8 Le Sorelle digiunino in ogni tempo. 9 Ma nel Natale del Signore, in qualunque giorno cada, possano rifocillarsi due volte. 10 Con le giovanette, le deboli e le sorelle che servono fuori del monastero, si dispensi misericordiosamente, come parrà all’abbadessa. 11 Ma in tempo di manifesta necessità, le sorelle non siano tenute al digiuno corporale.

2769      12 Si confessino almeno dodici volte l’anno, con licenza dell’abbadessa. 13 E devono guardarsi allora dal frammischiare altri discorsi che non facciano al caso della confessione e della salute dell’anima.

2770      14 Si comunichino sette volte l’anno, cioè: nel Natale del Signore, nel Giovedì santo, nella Resurrezione del Signore, nella Pentecoste, nell’Assunzione della beata Vergine, nella festa di san Francesco e nella festa d’Ognissanti.

2771      15 Per comunicare le sorelle, sia sane che inferme, è lecito al cappellano celebrare all’interno.

 

 

IV

DELLA ELEZIONE E DELL’ UFFICIO DI ABBADESSA.

DEL CAPITOLO,

DELLE RESPONSABILI DEGLI UFFICI

E DELLE DISCRETE

 

2772      1 Nella elezione dell’abbadessa le sorelle siano tenute ad osservare la forma canonica.

2773      2 Esse poi procurino con sollecitudine di avere il ministro generale o provinciale dell’Ordine dei frati minori, 3 il quale mediante la parola di Dio le disponga alla perfetta concordia e alla utilità comune nella elezione da farsi.

2774      4 E non si elegga se non una professa. 5 E se fosse eletta una non professa o venisse data in altro modo, non le si presti obbedienza se prima non avrà fatta la professione della forma della nostra povertà. 6 Alla sua morte, si faccia l’elezione di un’altra abbadessa.

2775      7 E se talora sembrasse alla generalità delle sorelle che la predetta non fosse idonea al servizio e alla comune utilità di esse, 8 le dette sorelle siano tenute ad eleggerne, quanto prima possono e nel modo sopraddetto, un’altra per loro abbadessa e madre.

2776      9 L’eletta poi consideri qual carico ha accettato sopra di sé e a Chi deve rendere conto (cfr Mt 12,36; Eb 13,17) del gregge affidatole. 10 Si studi anche di presiedere alle altre più per virtù e santità di vita che per ufficio, affinché le sorelle, provocate dal suo esempio, le obbediscano più per amore che per timore.

2777      11 Si guardi dalle amicizie particolari, affinché non avvenga che, amando alcune più delle altre, rechi scandalo a tutte.

2778      12 Consoli le afflitte. Sia ancora l’ultimo rifugio delle tribolate (Sal 31,7) perché, se mancassero presso di lei i rimedi di salute, non abbia a prevalere nelle inferme il morbo della disperazione.

2779      13 Conservi la vita comune in tutto, ma specialmente in chiesa, in dormitorio, in refettorio, nell’infermeria e nelle vesti. 14 E ciò è tenuta a fare allo stesso modo anche la sua vicaria.

2780      15 L’abbadessa sia tenuta a convocare a Capitolo le sue sorelle, almeno una volta la settimana. 16 Ivi, tanto lei quanto le sorelle debbano accusarsi umilmente delle comuni e pubbliche mancanze e negligenze. 17 Ivi ancora discuta con le sue sorelle circa le cose da fare per la utilità e il bene del monastero. 18 Spesso infatti il Signore manifesta ciò che è meglio al più piccolo.

2781      19 Non si contragga alcun debito grave, se non di comune consenso delle sorelle e per manifesta necessità, e questo per mezzo del procuratore. 20 Si guardi poi l’abbadessa con le sue sorelle dal ricevere alcun deposito in monastero, 21 poiché da ciò nascono spesso disturbi e scandali.

2782      22 Allo scopo di conservare l’unità della scambievole carità e della pace, tutte le responsabili dell’ufficio del monastero vengano elette di comune consenso di tutte le sorelle. 23 E nello stesso modo si eleggano almeno otto sorelle delle più assennate, del consiglio delle quali l’abbadessa è obbligata a servirsi in ciò che è richiesto dalla forma della nostra vita. 24 Se qualche volta sembrasse utile e conveniente, le sorelle possano anche e debbano rimuovere le responsabili e le discrete ed eleggerne altre al loro posto.

 

 

V

 

DEL SILENZIO, DEL PARLATORIO E DELLA GRATA

 

2783      1 Le sorelle osservino il silenzio dall’ora di compieta fino a terza, eccettuate le sorelle che prestano servizio fuori del monastero. 2 Osservino ancora silenzio continuo in chiesa, in dormitorio e in refettorio soltanto quando mangiano. 3 Si eccettua l’infermeria, dove, per sollievo e servizio delle ammalate, sarà sempre permesso alle sorelle di parlare con moderazione. 4 Possano tuttavia, sempre e ovunque, comunicare quanto è necessario, ma con brevità e sottovoce.

2784      5 Non sia lecito alle sorelle accedere al parlatorio o alla grata, senza licenza dell’abbadessa o della sua vicaria; 6 e quelle che ne hanno licenza, non ardiscano parlare nel parlatorio, se non alla presenza e ascoltate da due sorelle.

2785      7 Non presumano poi di recarsi alla grata, se non siano presenti, assegnate dall’abbadessa o dalla vicaria, almeno tre di quelle otto discrete che furono elette da tutte le sorelle come Consiglio dell’abbadessa. 8 Questa forma nel parlare siano tenute ad osservarla per conto proprio anche l’abbadessa e la sua vicaria. 9 E quanto si è detto per la grata avvenga molto di rado; alla porta poi non si faccia in nessun modo. 10 A detta grata sia applicata dalla parte interna un panno, che non sia tolto se non quando si predica la divina parola o alcuna parli a qualcuno. 11 Abbia inoltre una porta di legno, ben difesa da due differenti serrature in ferro, da imposte e chiavistelli, 12 affinché, specialmente di notte, sia chiusa con due chiavi, una delle quali la tenga l’abbadessa e l’altra la sacrestana; 13 e rimanga sempre chiusa, fuorché quando si ascolta il divino ufficio e per i motivi sopra esposti. 14 Non è lecito assolutamente a nessuna parlare ad alcuno alla grata prima della levata del sole o dopo il tramonto.

2786      15 Al parlatorio poi, vi sia sempre, dalla parte interna, un panno che non deve essere rimosso per nessun motivo. 16 Durante la quaresima di san Martino e la quaresima maggiore nessuna parli al parlatorio, 17 se non al sacerdote per motivo di confessione o di altra manifesta necessità. Ciò è riservato alla prudenza dell’abbadessa o della sua vicaria.

 

 

VI

LE PROMESSE DEL BEATO FRANCESCO

E DEL NON AVERE POSSEDIMENTI

 

2787      1 Dopo che l’altissimo Padre celeste si degnò illuminare l’anima mia mediante la sua grazia perché, seguendo l’esempio e gli insegnamenti del beatissimo padre nostro Francesco, io facessi penitenza, poco tempo dopo la conversione di lui, liberamente, insieme con le mie sorelle, gli promisi obbedienza.

2788      2 Il beato padre, poi, considerando che noi non temevamo nessuna povertà, fatica, tribolazione, umiliazione e disprezzo del mondo, che anzi l’avevamo in conto di grande delizia, mosso da paterno affetto, scrisse per noi la forma di vita in questo modo: 3 «Poiché per divina ispirazione vi siete fatte figlie e ancelle dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto, da parte mia e dei miei frati, di avere sempre di voi, come di loro, attenta cura e sollecitudine speciale»

2789      5 Ciò che egli con tutta fedeltà ha adempiuto finché visse, e volle che dai frati fosse sempre adempito.

2790      6 E affinché non ci allontanassimo mai dalla santissima povertà che abbracciammo, e neppure quelle che sarebbero venute dopo di noi, poco prima della sua morte di nuovo scrisse per noi la sua ultima volontà con queste parole: 7 «Io, frate Francesco piccolino, voglio seguire la vita e la povertà dell’altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e perseverare in essa sino alla fine (cfr Mt 10,22). 8 E prego voi, mie signore e vi consiglio che viviate sempre in questa santissima vita e povertà. 9 E guardatevi molto bene dall’allontanarvi mai da essa in nessuna maniera per l’insegnamento o il consiglio di alcuno».

2791      10 E come io, insieme con le mie sorelle, sono stata sempre sollecita di mantenere la santa povertà che abbiamo promesso al Signore Iddio e al beato Francesco, 11 così le abbadesse che mi succederanno nell’ufficio e tutte le sorelle siano tenute ad osservarla inviolabilmente fino alla fine: 12 a non accettare, cioè, né avere possedimenti o proprietà né da sé, né per mezzo di interposta persona, 13 e neppure cosa alcuna che possa con ragione essere chiamata proprietà, 14 se non quel tanto di terra richiesto dalla necessità, per la convenienza e l’isolamento del monastero; 15 ma quella terra sia coltivata solo a orto per il loro sostentamento.

 

 

VII.

DEL MODO DI LAVORARE

 

2792      1 Le sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare, lavorino, dopo l’ora di terza, applicandosi a lavori decorosi e di comune utilità, con fedeltà e devozione, 2 in modo tale che, bandito l’ozio, nemico dell’anima, non estinguano lo spirito della santa orazione e devozione (cfr 1Ts 5,19), al quale tutte le altre cose temporali devono servire.

2793      3 E l’abbadessa o la sua vicaria sia tenuta ad assegnare in capitolo, davanti a tutte, il lavoro che ciascuna dovrà svolgere con le proprie mani. 4 Ci si comporti allo stesso modo quando qualche persona mandasse delle elemosine, affinché si preghi in comune per lei.

2794      5 E tutte queste cose vengano distribuite dall’abbadessa o dalla sua vicaria col consiglio delle discrete a comune utilità.

 

 

VIII

CHE LE SORELLE NON SI APPROPRINO DI NULLA.

DEL CHIEDERE L’ELEMOSINA

E DELLE SORELLE AMMALATE

 

2795      1 Le sorelle non si approprino di nulla, né della casa, né del luogo, né d’alcuna cosa, 2 e come pellegrine e forestiere in questo mondo (cfr Sal 38,13; 1Pt 2,11), servendo al Signore in povertà e umiltà, con fiducia mandino per la elemosina. 3 E non devono vergognarsi, poiché il Signore si fece per noi povero in questo mondo (cfr 2Cor 8,9). 4 È questo quel vertice dell’altissima povertà (cfr 2Cor 8,2), che ha costituito voi, sorelle mie carissime, eredi e regine del regno dei cieli, vi ha reso povere di sostanze, ma ricche di virtù (cfr Mt 5,3; Lc 6,20). 5 Questa sia la vostra parte di eredità, che introduce nella terra dei viventi (cfr Sal 141,6). 6 Aderendo totalmente ad essa, non vogliate mai, sorelle dilettissime, avere altro sotto il cielo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre.

2796      7 Non sia lecito ad alcuna sorella mandare lettere, o ricevere o dare cosa alcuna fuori del monastero, senza licenza dell’abbadessa. 8 Né sia lecito tenere cosa alcuna che non sia stata data o permessa dall’abbadessa. 9 Che se le venga mandato qualche cosa dai parenti o da altri, l’abbadessa gliela faccia consegnare. 10 La sorella poi, se ne ha bisogno, la possa usare; se no, né faccia parte caritatevolmente alla sorella che ne ha bisogno. 11 Se poi le fosse stato mandato del denaro, l’abbadessa, con consiglio delle discrete, le faccia procurare ciò di cui ha bisogno.

2797      12 Riguardo alle sorelle ammalate, l’abbadessa sia fermamente tenuta, da sé e per mezzo delle altre sorelle, a informarsi con sollecitudine di quanto richiede la loro infermità, sia quanto a consigli, sia quanto ai cibi ed alle altre necessità, 13 e a provvedere con carità e misericordia, secondo la possibilità del luogo. 14 Poiché tutte sono tenute a provvedere e a servire le loro sorelle ammalate, come vorrebbero essere servite esse stesse nel caso che incorressero in qualche infermità.

2798      15 L’una manifesti all’altra con confidenza la sua necessità. 16 E se una madre ama e nutre la sua figlia carnale, con quanta maggiore cura deve una sorella amare e nutrire la sua sorella spirituale! .

2799      17 Quelle che sono inferme, potranno usare pagliericci e avere guanciali di piuma sotto il capo; 18 e quelle che hanno bisogno di calze e di materasso di lana, ne possano usare. 19 Le suddette inferme, poi, quando vengono visitate da quelli che entrano nel monastero, possano, ciascuna per proprio conto, rispondere brevemente con qualche buona parola a chi rivolge loro la parola.

2800      20 Le altre sorelle, invece, che pur ne hanno licenza, non ardiscano parlare a quelli che entrano nel monastero, se non alla presenza e ascoltate da due discrete, designate dall’abbadessa o dalla sua vicaria. 21 Questa forma nel parlare siano tenute ad osservarla anche l’abbadessa e la sua vicaria.

 

 

IX

DELLA PENITENZA

DA IMPORRE ALLE SORELLE CHE PECCANO,

E DELLE SORELLE

CHE PRESTANO SERVIZIO FUORI DEL MONASTERO

 

2801      1 Se qualche sorella, per istigazione del nemico, avrà peccato mortalmente contro la forma della nostra professione e, ammonita due o tre volte dall’abbadessa o da altre sorelle, 2 non si sarà emendata, mangi per terra pane e acqua in refettorio, alla presenza di tutte le sorelle, tanti giorni quanti sarà stata contumace, 3 e, se l’abbadessa lo riterrà necessario, sia sottoposta a pena anche più grave. 4 Frattanto, finché rimarrà ostinata, si preghi affinché il Signore disponga il suo cuore a penitenza.

2802      5 Tuttavia, l’abbadessa e le sue sorelle si guardino dallo adirarsi e turbarsi per il peccato di alcuna, 6 perché l’ira e il turbamento impediscono la carità in se stesse e nelle altre.

2803      7 Se accadesse, il che non sia, che fra una sorella e l’altra sorgesse talvolta, a motivo di parole o di segni, occasione di turbamento e di scandalo, 8 quella che fu causa di turbamento, subito, prima di offrire davanti a Dio l’offerta della sua orazione (cfr Mt 5,23), non soltanto si getti umilmente ai piedi dell’altra domandando perdono, 9 ma anche con semplicità la preghi di intercedere per lei presso il Signore perché la perdoni. 10 L’altra poi, memore di quella parola del Signore: “Se non perdonerete di cuore, nemmeno il Padre vostro celeste perdonerà a voi (Mt 6,15; 18,35), 11 perdoni generosamente alla sua sorella ogni offesa fattale”.

2804      12 Le sorelle che prestano servizio fuori del monastero, non rimangano a lungo fuori, se non lo richieda una causa di manifesta necessità. 13 E devono andare per via con onestà e parlare poco, affinché possano essere sempre motivo di edificazione per quanti le vedono. 14 E si guardino fermamente dall’avere rapporti o incontri sospetti con alcuno. 15 Né facciano da madrine a uomini o donne, affinché per queste occasioni non nasca mormorazione o turbamento.

2805      16 Non ardiscano riportare in monastero le chiacchiere del mondo. 17 E di quanto si dice o si fa dentro siano tenute a non riferire fuori del monastero nulla che possa provocare scandalo. 18 Se capitasse a qualcuna di mancare in queste due cose, per semplicità, spetta alla prudenza dell’abbadessa imporle con misericordia la penitenza. Se invece lo facesse per cattiva consuetudine, l’abbadessa, secondo la qualità della colpa, col consiglio delle discrete le imponga una penitenza.

 

 

X

DELLA AMMONIZIONE

E CORREZIONE DELLE SORELLE

 

2806      1 L’abbadessa ammonisca e visiti le sue sorelle e le corregga con umiltà e carità, non comandando loro cosa alcuna che sia contro la sua anima e la forma della nostra professione.

2807      2 Le sorelle suddite, poi, ricordino che hanno rinunciato alla propria volontà per amore di Dio. 3 Quindi siano fermamente tenute a obbedire alle loro abbadesse in tutte le cose che hanno promesso al Signore di osservare e che non sono contrarie all’anima e alla nostra professione.

2808      4 L’abbadessa poi, usi verso di loro tale familiarità che possano parlarle e trattare con lei come usano le padrone con la propria serva, 5 poiché così deve essere, che l’abbadessa sia la serva di tutte le sorelle.

2809      6 Ammonisco poi, ed esorto nel Signore Gesù Cristo, che si guardino le sorelle da ogni superbia, vanagloria, invidia, avarizia, cura e sollecitudine di questo mondo, dalla detrazione e mormorazione, dalla discordia e divisione (cfr Mt 13,22; Lc 12,15; 21,34).

2810      7 Siano invece sollecite di conservare sempre reciprocamente l’unità della scambievole carità, che è il vincolo della perfezione.

2811      8 E quelle che non sanno di lettere, non si curino di apprenderle, 9 ma attendano a ciò che soprattutto debbono desiderare: avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione, 10 a pregarlo sempre con cuore puro e ad avere umiltà, pazienza nella tribolazione e nella infermità, 11 e ad amare quelli che ci perseguitano, riprendono e accusano, 12 perché dice il Signore: “Beati quelli che soffrono persecuzione a causa della giustizia, poiché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10). 13 Chi persevererà sino alla fine, questi sarà salvo (Mt 10,22)”.

 

 

XI

DELLA CUSTODIA DELLA CLAUSURA

 

2812      1 La portinaia sia matura come condotta e prudente, e sia di età conveniente. Di giorno rimanga ivi in una celletta aperta, senza uscio. 2 Le si assegni anche una compagna idonea, la quale, quando ci sarà bisogno, faccia in tutto le sue veci.

2813      3 La porta sia ben difesa da due differenti serrature in ferro, da imposte e chiavistelli, 4 affinché, specialmente di notte, sia chiusa con due chiavi, una delle quali la tenga la portinaia, l’altra l’abbadessa. 5 E di giorno non si lasci mai senza custodia e sia stabilmente chiusa a chiave. 6 Badino poi, con ogni diligenza e procurino che la porta non rimanga mai aperta, se non il minimo possibile secondo la convenienza. 7 E non si apra affatto a chiunque voglia entrare, ma solo a coloro cui sia stato concesso dal sommo pontefice o dal nostro signor cardinale.

2814      8 E non permettano che alcuno entri in monastero prima della levata del sole, né vi rimanga dopo il tramonto, se non l’esiga una causa manifesta, ragionevole e inevitabile. 9 Qualora per la benedizione dell’abbadessa, o per la consacrazione a monaca di qualche sorella, o per qualche altro motivo, venga concesso a qualche vescovo di celebrare la messa nell’interno del monastero, si accontenti del minor numero possibile di compagni e ministri che siano di buona fama.

2815      10 Quando poi fosse necessario introdurre nel monastero qualcuno per compiervi dei lavori, l’abbadessa con sollecitudine ponga alla porta una persona adatta, 11 che apra solo agli addetti ai lavori e non ad altri. 12 Tutte le sorelle si guardino, allora, con somma diligenza, che non siano vedute da coloro che entrano.

 

 

XII

DEL VISITATORE,DEL CAPPELLANO

E DEL CARDINALE PROTETTORE

 

2816      1 Il nostro visitatore sia sempre dell’Ordine dei frati minori, secondo la volontà e il mandato del nostro cardinale. 2 E sia tale che se ne conosca bene l’integrità di vita. 3 Sarà suo compito correggere, tanto nel capo che nelle membra, le mancanze commesse contro la forma della nostra professione. 4 Egli, stando in luogo pubblico, donde possa essere veduto dalle altre, potrà parlare a molte o a ciascuna in particolare, secondo riterrà più conveniente, di ciò che spetta all’ufficio della visita.

2817      5 Chiediamo anche in grazia, allo stesso Ordine, un cappellano con un compagno chierico, di buona fama, discreto e prudente, e due frati laici, amanti del vivere santo e onesto, 6 in aiuto alla nostra povertà, come abbiamo avuto sempre rnisericordiosamente dal predetto Ordine dei frati minori; 7 e questo per amore di Dio e del beato Francesco.

2818      8 Al cappellano non sia lecito entrare in monastero senza il compagno. 9 Ed entrando, stiano in luogo pubblico così che possano vedersi l’un l’altro ed essere veduti dagli altri. 10 È loro lecito entrare per la confessione delle inferme che non potessero recarsi in parlatorio, per comunicare le rnedesime, per l’Unzione degli infermi, per la raccomandazione dell’anima. 11 Per le esequie poi, e le messe solenni dei defunti, o per scavare o aprire la sepoltura, o anche per rassettarla, possano entrare persone idonee a sufficienza, secondo il prudente giudizio dell’abbadessa.

2819      12 Inoltre le sorelle siano fermamente tenute ad avere sempre come governatore, protettore e correttore, quel cardinale della santa Chiesa romana che sarà stato assegnato ai frati minori dal signor Papa;

2820      13 affinché, suddite sempre e soggette ai piedi della stessa santa Chiesa, salde nella fede (cfr Col 1,23) cattolica, osserviamo in perpetuo la povertà e l’umiltà del Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima Madre, e il santo Vangelo, come abbiamo fermamente promesso. Amen.

2821      14 Dato a Perugia, il 16 settembre, I’anno decimo del pontificato del signor papa Innocenzo IV.

2822      15 Pertanto a nessuno sia lecito invalidare questa scrittura della nostra conferma od opporvisi temerariamente. 16 Se qualcuno poi presumerà di attentarlo, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo. Dato in Assisi, il 9 agosto, l’anno undicesimo del nostro pontificato.

 

 

Indietro